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del settore possono oggi trovare importanti spunti per una
messa a punto della loro specifca strategia locale nelle
buone pratiche già positivamente sperimentate altrove.
Con l’espressione inglese best practices si designano quelle
costruzioni empiriche dell’azione che, per l’effcacia dei
risultati, le caratteristiche di qualità interna e il contributo
offerto alla soluzione dei problemi, soddisfano il complesso
sistema d’aspettative del servizio e/o del progetto in cui sono
inserite.
Detto in altri termini, una buona pratica è quell’insieme di
processi e di attività che consentono di raggiungere il miglior
risultato possibile in una determinata situazione.
Così delineato il concetto ha una doppia valenza. Da una
parte mostra un carattere bottom up in quanto la buona
pratica si delinea sulla base di esperienze esemplari e positive
che si presuppongono trasferibili in contesti più ampi. Dall’altra
parte può mostrare un proflo top-down in quanto richiede
la prefgurazione di un insieme sistematizzato di ipotesi da
verifcare su base empirica. Per quanto riguarda il processo
di modellizzazione la letteratura indica che una pratica è
ritenuta effcace solo se è capace di individuare modelli per
l’azione convenzionalmente ritenuti idonei dagli stessi addetti
ai lavori, agendo quindi sul piano del dover essere apprezzato
per utilità e fattibilità funzionale.
A questo proposito le Nazioni Unite, ad esempio, hanno
individuato con chiarezza i tratti distintivi delle best practices
nel settore dello sviluppo sociale :
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• Innovatività, ovvero hanno sviluppato soluzioni nuove e
creative al problema che affrontano; 15
• Impatto tangibile e dimostrabile nel migliorare la qualità
della vita dei benefciari;
• Risultato di partenariati effettivi tra pubblico, privato e
settori della società civile;
• Sostenibilità da punto di vista sociale, culturale, economico
ed ambientale;
• Riproducibilità potenziale in altri contesti.
6 http://www.onuitalia.it