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SOCIO SANITARIO



L’esperienza al Centro: utile a delle persone che mi sono state utili
Che ci faccio IO QUI?






di FILIPPO DI BETTO (3°D)


piani più di terra una scatola? Noi
bassi di una lì imparavamo a far loro
rampa a capire le cose “parlando
AIchiocciola con le mani” (come di-
dove si sentono ronzare le rebbe un’educatrice), in
prime invisibili carroz- maniera rigorosa, perché
zine elettriche, l’aria è il nostro errore viene co-
pregna di caffè e di una piato dai ragazzi e ha
mistura di tutto quanto un delle conseguenze. Al
distributore automatico computer dovevamo cor-
può partorire alle nove reggere i loro errori di
del mattino. Sinistra. scrittura? Noi lì impara-
Dritto. Sinistra. vamo a far loro focaliz-
Nel Centro Diurno Disa- zare lo sguardo su una
bili 1 (CDD1) ti aspetta parte dello schermo me-
un ragazzo poco più diante il linguaggio e
grande di noi. È in carroz- prendevamo coscienza di
zina. E catapulta tutto se tutto il percorso mentale
stesso fuori da quel corpo che facciamo in un attimo
per salutarti. La visuale è per riconoscere un punto
nitida. Gli educatori vete- o dove portare il cursore.
rani del centro arrivano Mangiando con loro, non
realisti: sorridendo. aiutandoli più che per ta-
Il primo secondo ti chiedi gliare la carne o condire cosa a cui assistere come riempiendo il cavo di che
cosa ci fai. La prima ora l’insalata, si entrava nei fosse un treno che aspetti veniva detto con una
quando te ne vai. Il primo loro discorsi e si intui- che passi per balzare al di nuova passione danzante.
giorno quando torni. vano le loro priorità, ben là della strada. Ed è da questa passione
Le attività che io ed i miei più coerenti di quelle che Per queste ragioni ritengo che nasce la mia indigna-
colleghi svolgevamo non mettiamo in lizza ogni che l’unica mia compe- zione. Sono scivolato in
richiedevano attitudini, giorno. tenza che si è rivelata ne- questo nuovo mondo la
bensì le scolpivano nella Il ritmo delle attività cessaria sia stata la mia settimana sotto San Va-
nostra sensibilità. svolte dai ragazzi del cen- naturale attitudine a sce- lentino e sono rimasto di-
Le forgiavano. tro è scandito dalla setti- gliere il posto giusto in sarmato dalla loro
Lì eravamo dipendenti. mana. Quella parola che cui mettermi alla prova. dedizione per l’occasione.
Dipendenti della nostra noi, per i nostri interessi, A volte, comunicando È arrivato da me un ra-
più onesta libertà. I ra- sostituiamo con niente di con i ragazzi che hanno gazzo in punta di piedi e
gazzi (disabili) svolgono meno monotono di una degli apparenti limiti ha tirato fuori un disegno
attività per le quali è ne- campanella accolta con espressivi, facevo loro as- di onesto sentimento con
cessaria la nostra guida, indifferenza. Ma i ragazzi sumere, nella mia mente, una semplice, classica de-
sebbene i maestri siano razionalizzano l’idea di la figura del telegrafista il dica alla sua compagna. E
loro. Siamo noi che dav- tempo presente e tempo quale, non potendo artico- lo capivi. Questo ragazzo
vero impariamo a capire, venturo. Il loro entusia- lare ampi periodi, tra- “aveva il cuore urgente
a farci intendere. Ebbene: smo vede ogni identica ri- smette il messaggio (il anche senza nessuna pro-
nella serra dovevamo far petizione come qualcosa suo mondo) “crittogra- mozione”. E così colo a
loro capire come riempire di nuovo, non come qual- fico_rapido_cifrato”, picco. Affondo dalla su-


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